Pferdschaf schrieb am 10.3. 2012 um 23:38:59 Uhr zu
Bewertung: 3 Punkt(e)
Die Erde bebt`, aufging darob der Himmel.
Anjetzo darf's dir nicht mehr schwierig scheinen,
Wenn ich gesaget, dass gerechte Rache
Dann von gerechtem Hof gerochen worden.
Doch jetzt seh` ich, wie sich in einem Knoten
Versteiget von Gedanken zu Gedanken
Dein Geist, draus er mit Sehnsucht harrt auf Lösung.
Du sagst: Wohl unterscheid` ich, was ich höre,
Doch warum solche Weise Gott zu unsrer
Erlösung üben wollte, bleibt mir dunkel.
Sothaner Rathschluss, Bruder, ist verborgen
Den Augen aller Jener, deren Geist noch
Nicht ist erstarket in der Liebe Flamme.
Und in der That, weil man nach jenem Ziel hin
Viel schaut und wenig noch erblickt, verkünd' ich,
Warum am würdigsten war diese Weise.
Die Güte Gottes, die, jedwede Missgunst
Verschmäh'nd, aus sich hervor die eigne Gluth sprüht,
Entwickelt ihre ew'gen Herrlichkeiten.
Das, was von ihr unmittelbar entträufelt,
Hat dann kein End' auch, weil sich nie verändert
Ihr Eindruck, wenn sie selber hat gesiegelt.
Das, was von ihr unmittelbar herabfliesst,
Ist ganz und gar auch frei, weil es der Macht nicht
Der neugeschaffenen Dinge unterlieget.
Es gleicht ihr mehr, und drum gefällt's ihr mehr auch,
Weil jene heil'ge Gluth, die alle Dinge
Ausstrahlt, in ähnlichern lebend`ger lodert.
Durch diese Dinge sämmtlich wird bevortheilt
Das menschliche Geschöpf, und fehlt das Eine,
So muss von seinem Adel es entsinken.
Die Sünd` allein beraubet es der Freiheit
Und macht unähnlich es dem höchsten Gute,
So dass es minder glänzt in seinem Lichte,
Und nimmer kehrt in seine Würd` es wieder,
Wenn es nicht ausfüllt, was die Schuld geleert hat,
Für schlimm Gelüste durch gerechte Strafen.
Als ganz in ihrer Wurzel hat gesündigt
Die menschliche Natur, ward dieser Würden
So wie des Paradieses sie beraubet
Und herzustellen war sie nicht, wenn scharf du
Aufmerken willst, auf irgend einem Wege,
Ohn' eine dieser Furthen zu durchgehen,
Dass Gott allein aus Gütigkeit entweder
Verziehn hätt`, oder aus sich selbst die Menschen
Genug gethan für ihre Thorheit hätten.
Heft` jetzt die Augen innerhalb des Abgrunds
Des ew'gen Raths, so viel als es dir möglich,
Dich angestrengt an meine Worte haltend.
Nicht konnte innerhalb der eignen Grenzen
Der Mensch genug thun, weil er nicht, durch Demuth
Gehorchend, dann so weit herab gehn konnt`, als
Er ungehorsam erst zu steigen suchte
Und solches ist der Grund, warum's dem Menschen
Genug zu thun verwehrt war aus sich selber.
Gott also war es, der durch seine Wege
Zu unversehrtem Sein erneuern musste
Den Menschen, sei's durch Einen, sei's durch Beide.
Doch weil um so genehmer ist die Handlung
Des Handelnden, je mehr in ihr sich darstellt
Des Herzens Trefflichkeit, draus sie hervorging,
War's göttlicher Vollkommenheit, die Form ist
Der Welt, gefällig, auf all` ihren Wegen
Vorschreitend, wiederum euch aufzurichten
Und zwischen letzter Nacht und erstem Tage
Gab's herrlicher und hehrer kein Verfahren
Durch Diesen oder Jenen, noch wird's geben.
Denn gütiger war Gott, sich selber schenkend,
Dass er den Menschen aufzustehn befäh'ge,
Als wenn er aus sich selbst vergeben hätte.
Dante Alighieri
(der Itaker mit den grossen Ohren)
Sein Paradies, sein Siebenter Gesang, aber meine Lorbeeren, Ätsch !
heute schrieb am 12.3. 2012 um 14:45:13 Uhr zu
Bewertung: 2 Punkt(e)
Incomincia la Comedia di Dante Alleghieri di Fiorenza, ne la quale tratta de le pene e punimenti de’ vizi e de’ meriti e premi de le virtù. Comincia il canto primo de la prima parte nel qual l’auttore fa proemio a tutta l’opera.
Nel mezzo del cammin di nostra vita
mi ritrovai per una selva oscura,
ché la diritta via era smarrita. 3
Ahi quanto a dir qual era è cosa dura
esta selva selvaggia e aspra e forte
che nel pensier rinova la paura! 6
Tant’è amara che poco è più morte;
ma per trattar del ben ch’i’ vi trovai,
dirò de l’altre cose ch’i’ v’ ho scorte. 9
Io non so ben ridir com’i’ v’intrai,
tant’era pien di sonno a quel punto
che la verace via abbandonai. 12
Ma poi ch’i’ fui al piè d’un colle giunto,
là dove terminava quella valle
che m’avea di paura il cor compunto, 15
guardai in alto e vidi le sue spalle
vestite già de’ raggi del pianeta
che mena dritto altrui per ogne calle. 18
Allor fu la paura un poco queta,
che nel lago del cor m’era durata
la notte ch’i’ passai con tanta pieta. 21
E come quei che con lena affannata,
uscito fuor del pelago a la riva,
si volge a l’acqua perigliosa e guata, 24
così l’animo mio, ch’ancor fuggiva,
si volse a retro a rimirar lo passo
che non lasciò già mai persona viva. 27
Poi ch’èi posato un poco il corpo lasso,
ripresi via per la piaggia diserta,
sì che ’l piè fermo sempre era ’l più basso. 30
Ed ecco, quasi al cominciar de l'erta,
una lonza leggera e presta molto,
che di pel macolato era coverta; 33
e non mi si partia dinanzi al volto,
anzi ’mpediva tanto il mio cammino,
ch’i’ fui per ritornar più volte vòlto. 36
Temp’era dal principio del mattino,
e ’l sol montava ’n sù con quelle stelle
ch’eran con lui quando l’amor divino 39
mosse di prima quelle cose belle;
sì ch’a bene sperar m’era cagione
di quella fiera a la gaetta pelle 42
l’ora del tempo e la dolce stagione;
ma non sì che paura non mi desse
la vista che m'apparve d'un leone. 45
Questi parea che contra me venisse
con la test’alta e con rabbiosa fame,
sì che parea che l’aere ne tremesse. 48
Ed una lupa, che di tutte brame
sembiava carca ne la sua magrezza,
e molte genti fé già viver grame, 51
questa mi porse tanto di gravezza
con la paura ch’uscia di sua vista,
ch’io perdei la speranza de l’altezza. 54
E qual è quei che volontieri acquista,
e giugne ’l tempo che perder lo face,
che ’n tutti suoi pensier piange e s’attrista; 57
tal mi fece la bestia sanza pace,
che, venendomi ’ncontro, a poco a poco
mi ripigneva là dove ’l sol tace. 60
Mentre ch’i’ rovinava in basso loco,
dinanzi a li occhi mi si fu offerto
chi per lungo silenzio parea fioco. 63
Quando vidi costui nel gran diserto,
»Miserere di me«, gridai a lui,
»qual che tu sii, od ombra od omo certo!«. 66
Rispuosemi: "Non omo, omo già fui,
e li parenti miei furon lombardi,
mantoani per patrïa ambedui. 69
Nacqui sub Iulio, ancor che fosse tardi,
e vissi a Roma sotto ’l buono Augusto
nel tempo de li dèi falsi e bugiardi. 72
Poeta fui, e cantai di quel giusto
figliuol d’Anchise che venne di Troia,
poi che ’l superbo Ilïón fu combusto. 75
Ma tu perché ritorni a tanta noia?
perché non sali il dilettoso monte
ch’è principio e cagion di tutta gioia?". 78
"Or se’ tu quel Virgilio e quella fonte
che spandi di parlar sì largo fiume?",
rispuos’io lui con vergognosa fronte. 81
"O de li altri poeti onore e lume,
vagliami ’l lungo studio e ’l grande amore
che m’ ha fatto cercar lo tuo volume. 84
Tu se’ lo mio maestro e ’l mio autore,
tu se’ solo colui da cu’ io tolsi
lo bello stilo che m’ ha fatto onore. 87
Vedi la bestia per cu’ io mi volsi;
aiutami da lei, famoso saggio,
ch’ella mi fa tremar le vene e i polsi". 90
»A te convien tenere altro vïaggio«,
rispuose, poi che lagrimar mi vide,
"se vuo’ campar d’esto loco selvaggio; 93
ché questa bestia, per la qual tu gride,
non lascia altrui passar per la sua via,
ma tanto lo ’mpedisce che l’uccide; 96
e ha natura sì malvagia e ria,
che mai non empie la bramosa voglia,
e dopo ’l pasto ha più fame che pria. 99
Molti son li animali a cui s’ammoglia,
e più saranno ancora, infin che ’l veltro
verrà, che la farà morir con doglia. 102
Questi non ciberà terra né peltro,
ma sapïenza, amore e virtute,
e sua nazion sarà tra feltro e feltro. 105
Di quella umile Italia fia salute
per cui morì la vergine Cammilla,
Eurialo e Turno e Niso di ferute. 108
Questi la caccerà per ogne villa,
fin che l’avrà rimessa ne lo ’nferno,
là onde ’nvidia prima dipartilla. 111
Ond’io per lo tuo me’ penso e discerno
che tu mi segui, e io sarò tua guida,
e trarrotti di qui per loco etterno; 114
ove udirai le disperate strida,
vedrai li antichi spiriti dolenti,
ch’a la seconda morte ciascun grida; 117
e vederai color che son contenti
nel foco, perché speran di venire
quando che sia a le beate genti. 120
A le quai poi se tu vorrai salire,
anima fia a ciò più di me degna:
con lei ti lascerò nel mio partire; 123
ché quello imperador che là sù regna,
perch’i’ fu’ ribellante a la sua legge,
non vuol che ’n sua città per me si vegna. 126
In tutte parti impera e quivi regge;
quivi è la sua città e l’alto seggio:
oh felice colui cu’ ivi elegge!". 129
E io a lui: "Poeta, io ti richeggio
per quello Dio che tu non conoscesti,
acciò ch’io fugga questo male e peggio, 132
che tu mi meni là dov’or dicesti,
sì ch’io veggia la porta di san Pietro
e color cui tu fai cotanto mesti". 135
Allor si mosse, e io li tenni dietro.